Studio Legale Caminiti - Covid19 - Decreto Cura Italia e salute dei detenuti
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Covid19 – D.L. 17/03/2020 n. 18 e difficoltà di applicazione dei provvedimenti a tutela della salute dei detenuti

Covid19 – D.L. 17/03/2020 n. 18 e difficoltà di applicazione dei provvedimenti a tutela della salute dei detenuti

Con il Decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, noto come Decreto Cura Italia, non sono state introdotte solo delle misure di sostegno economico per i lavoratori, le imprese, nonché per le famiglie al fine di contrastare gli effetti devastanti provocati sull’economia nazionale dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, ma anche provvedimenti riguardanti la situazione presente nelle carceri.

I PROVVEDIMENTI A TUTELA DEI DETENUTI

Dopo le rivolte scoppiate all’interno di numerose carceri italiane proprio a causa dell’emergenza sanitaria, il Governo ha dovuto assumere dei provvedimenti finalizzati a tutelare la salute dei detenuti, i quali, vivendo in condizione di sovraffollamento, sono maggiormente esposti al pericolo di contagio. In particolare, all’articolo 123 del menzionato Decreto Cura Italia è stata prevista per i condannati, che debbano scontare una pena detentiva fino a diciotto mesi (anche residuo di maggior pena), la possibilità di eseguire la pena presso la propria abitazione o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza. Il medesimo articolo prevede che i condannati ammessi alla detenzione domiciliare siano monitorati mediante apposita procedura di controllo attuata attraverso mezzi elettronici o altri strumenti tecnici resi disponibili per i singoli istituti penitenziari. In altre parole, viene imposto l’utilizzo del cd. braccialetto elettronico, che costituisce condicio sine qua non per l’accoglimento dell’istanza di misura alternativa, salvo che la stessa riguardi condannati minorenni o soggetti che debbano espiare una pena inferiore a mesi sei di reclusione. Ovviamente, il condannato deve prestare il consenso ad essere sottoposto alla menzionata procedura di controllo.

In base alla nuova disciplina, non tutti i detenuti possono, però, beneficiare di tale misura; infatti, secondo il comma 1 dell’articolo 123 del Decreto Cura Italia, sono esclusi dal provvedimento:

a) i soggetti condannati per taluno dei delitti indicati dall’articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (ordinamento penitenziario), e successive modifiche o per i reati di maltrattamenti in famiglia e atti persecutori;

b) i soggetti dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza;

c) i detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare, salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall’articolo 14-ter della medesima legge;

d) i detenuti che nell’ultimo anno siano stati sanzionati per le infrazioni disciplinari di cui all’articolo 77 del DPR n. 230/2000.

e) i detenuti nei cui confronti sia redatto rapporto disciplinare, in quanto coinvolti nei disordini e nelle sommosse a far data da 7 marzo 2020;

f) i detenuti privi di un domicilio effettivo e idoneo, che deve risultare tale anche ai fini di tutelare le persone offese dal reato.

Il compito di verificare la sussistenza di tutti i requisiti richiesti per l’applicazione della misura de qua è demandata alla direzione dell’istituto penitenziario, mentre la decisione in ordine all’ammissibilità o meno della misura è demandata al Magistrato di Sorveglianza che provvede, non solo su istanza del detenuto, ma anche su iniziativa del pubblico ministero o della direzione del carcere.

LA DIFFICILE APPLICAZIONE DEI PROVVEDIMENTI

Nonostante la novella legislativa persegua la pregevole finalità di tutelare la salute dei detenuti che, a causa del sovraffollamento carcerario e della facile trasmissione del Coronavirus, sono maggiormente esposti al rischio di contagio, è doveroso segnalare le numerose criticità connesse al nuovo istituto (che, si badi bene, è stato disciplinato sulla base dell’istituto introdotto con la legge 199/2010, c.d. svuota carceri, con le dovute deroghe). Nella specie, l’operatività della “nuova” detenzione domiciliare è, come si è detto, strettamente connessa alla disponibilità degli strumenti di controllo, che dovranno essere previamente individuati prima di dare corso all’esecuzione della misura alternativa. Ebbene, non è un mistero che vi sia una sostanziale indisponibilità di detti strumenti (esistenti in misura ridotta rispetto a quelli realmente necessari). A tal proposito, la Sesta Commissione del CSM si è espressa bocciando le misure carcerarie introdotte dal Decreto Cura Italia lamentando che l’ “aver condizionato la detenzione domiciliare all’utilizzo dei braccialetti elettronici, di fatto indisponibili, contribuirà significativamente a rendere questo istituto inadeguato a conseguire la finalità di una riduzione del sovraffollamento carcerario nell’ottica di contenere l’elevato rischio di un diffuso contagio all’interno degli istituti penitenziari e di una migliore gestione dell’emergenza sanitaria”.

Ma non solo. Oltre alla difficile applicazione, nella prassi, del nuovo istituto, suscita non poche perplessità il fatto che la nuova disposizione sia indirizzata unicamente ai soggetti condannati e non faccia alcuna menzione né si esprima sulla condizione dei soggetti sottoposti alla misura cautelare del carcere, le cui sorti non sono state dunque in alcun modo contemplate.